La Sala Orfeo del Teatro
dell’Orologio di Roma (Via dei Filippini 17/A ) ospita il debutto in prima
nazionale dello spettacolo Tutti i padri
vogliono far morire i loro figli, della compagnia CK Teatro, testo di Fabio
Morgan e Leonardo Ferrari Carissimi, che ne cura anche la regia, liberamente
ispirato ad Affabulazione di Pier
Paolo Pasolini. In scena, da domani 12 marzo sino al 3 aprile prossimi, Irma
Ciaramella, Anna Favella, Chiara
Mancuso, Luca Mannocci e Mauro Santopietro (prezzo intero € 15,00 –
ridotto € 12,00, tel. 06 6875550, mail biglietteria@teatroorologio.com).
Lo spettacolo narra le vicende di
una famiglia, e dell'incontro-scontro di un padre con suo figlio.
L'ambientazione è l'epoca moderna, ma una modernità che si pone come lettura di
un presente che poggia le sue basi su nuovi archetipi. Proprio per questo si è
sentita l'esigenza di prendere spunto dalla struttura narrativa di Affabulazione ma di mutarne
completamente i contenuti; infatti mentre il testo di Pasolini iniziava con un
coro tragico rappresentato dalla figura di Sofocle, nella riscrittura di Tutti i padri vogliono far morire i loro
figli il coro sarà rappresentato dall'ombra di Pasolini, e l'archetipo che
narrerà non saranno le vicende tragiche e mitiche di Edipo, ma il racconto del
'68. Proprio i temi del ‘68 costituiscono la cornice entro la quale tutti personaggi
agiranno. Le tensioni tra i vari personaggi saranno provocate da una divergente
lettura di questi temi che procurerà ferite insanabili soprattutto tra le due
figure chiave dello spettacolo: il padre e il figlio.
Siamo in una casa al mare, una
casa da buona famiglia borghese, dove vivono un ragazzo con sua madre. L'azione
dello spettacolo ha inizio con il ritorno del padre, dopo quindici anni di
silenziosa assenza. Un padre che dichiara di essere molto malato, e che prima
di morire vuole ricucire il rapporto con suo figlio, che in realtà non ha mai
conosciuto. Il padre ci appare come un uomo dal grande vissuto, che ha sempre
preferito la libertà alle responsabilità, e che grazie al suo lavoro,
fotografo, si è trovato spesso a vivere i momenti più importanti della storia
degli ultimi trent’anni. Lui, fiero protagonista del ’68, animato dagli ideali
libertari, si troverà a scontrarsi ferocemente con suo figlio, al quale il
padre appare come un bambino mai cresciuto che nella vita ha goduto di
situazioni estremamente privilegiate e di cui lui, figlio, in qualche modo paga
ancora le conseguenze. Nella dialettica tra questi personaggi e nelle istanze
che essi rappresentano sta il nucleo di questa tragedia moderna, che ci appare
come un infinito affabulare sul doloroso e irrisolto mistero dell'essere figli
nell'epoca dell'assenza dei padri.
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