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A cura di ANDREA CURTI

martedì 8 marzo 2016

TEATRO - Al'Orologio di Roma dal 10 al 13 marzo: "Love bombing", drammaturgia dell'ascesa del Califfato.

E’ atteso il debutto dello spettacolo “Love bombing”, scritto e diretto da Giuseppe Miale di Mauro, della compagnia Nest – Napoli Est Teatro, in scena al Teatro dell’Orologio di Roma dal 10 al 13 marzo prossimi, da giovedì a sabato alle ore 21:30 e la domenica alle ore 18:30. In scena: Gennaro Di Colandrea, Giuseppe Gaudino, Antonio Marfella, Adriano Pantaleo, Giovanni Serratore e Andrea Vellotti. Racconta il regista: “Quando ho letto alcune righe in un articolo di Stefano Magni (L’Opinione del 09/2014), pensai che sarebbe stato interessante raccontare proprio quel “rischio”. Pensai che raccontare una distruzione di massa voleva dire raccontare la degenerazione umana. A quel tempo stavo guardando la serie tv “The Walking Dead”, e mi parve interessante l’idea drammaturgica che ne veniva fuori: i morti viventi erano un pretesto per raccontare i vivi morenti. Così ho immaginato che il mondo abbia fatto diventare il califfato molto più potente di quello che è ora, e che i Mujahideen abbiano conquistato l’occidente sterminando chiunque non fosse musulmano. Un nuovo genocidio, e come tale, non diverso da quelli passati. Lo stato Islamico, quindi, come pretesto per raccontare il disfacimento dell’umanità”. La trama è presto detta: “Ho nascosto cinque uomini in un bunker (come facevano gli ebrei) nel disperato tentativo di sopravvivenza. Creando un microcosmo in cui resiste il senso di appartenenza, di fratellanza, quel briciolo di civiltà che l’attacco islamico sembra aver sepolto insieme a tutte le teste tagliate, finché uno del gruppo riesce a catturare un Mujahideen e decide di portarlo all’interno del bunker per torturarlo e vendicarsi. È questo l’episodio che scatenerà un conflitto tra i cinque personaggi e li costringerà a dover scegliere tra quello che erano e quello che sono diventati. Un ultimo tentativo di restare umani in un contesto apocalittico che fa perdere le identità e che trasforma gli uomini in animali. Da qui l’idea di abbassare scenograficamente il tetto del bunker costringendo gli attori a non poter assumere più una posizione eretta, come se il cerchio dell’evoluzione di Darwin si fosse chiuso su se stesso e avesse ricongiunto l’uomo alla scimmia. C’è chi sostiene che la guerra sia insita nell’essere umano come la vita e la morte. Quella guerra che annulla ogni forma di civiltà, di umanità, e che trasforma gli uomini viventi in morti viventi”.

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