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A cura di ANDREA CURTI

mercoledì 28 febbraio 2018

TEATRO - All'Eliseo dal 2 al 26 marzo prossimi, quarant'anni dopo: "Un processo per stupro", la farsa di Latina del '78.

Girato nel tribunale di Latina nel 1978, il documentario Un processo per stupro andò in onda su quello che allora era “il secondo canale” della Rai, raggiungendo oltre 12 milioni di spettatori e smascherando le consuetudini di abuso sui diritti delle donne.
Fu un evento storico, non era mai accaduto che un processo contro degli uomini accusati di violenza sessuale venisse mostrato pubblicamente. Per la prima volta tantissime persone videro come una ragazza di diciotto anni fosse costretta a dimostrare l’assenza del suo consenso mentre quattro uomini la stupravano. Le riprese mostrarono in maniera inequivocabile come la vittima si trasformasse nell’imputata, come fosse costretta a difendersi lei dal suo passato e non i suoi carnefici da quanto compiuto. Inoltre, il pubblico si rese conto di come gli avvocati degli accusati potessero essere a loro volta brutali con la vittima.
A quarant’anni di distanza il Teatro Eliseo di Via Nazionale in Roma propone "Processo per stupro", (dal 2 al 26 marzo pv, durata 50', costo 7 euro) ovvero la lettura scenica diretta da Renato Chiocca con la partecipazione di Clara Galante ed Enzo Provenzano, che restituisce il linguaggio di quel processo penale facendo rivivere sul palcoscenico lo scandalo e l’indignazione di quello che fino ad allora era “un processo per stupro”, non così dissimile nei movimenti di opinione, mediatici e giudiziari dei nostri tempi. Ancora oggi, anche se molte cose sono cambiate da allora, ogni processo per stupro è un processo prima di tutto alla donna.
Spiega il regista: "Il linguaggio di questo lo spettacolo vuol diventare testimone. Un’occasione per reinventare in teatro il linguaggio di un processo penale di quasi quarant’anni fa e far rivivere al pubblico di oggi lo scandalo, l’indignazione e la presa di coscienza civile di quello che fino ad allora era “un processo per stupro”. Un progetto (nato con la collaborazione dell’associazione di volontariato Centro Donna Lilith e della rassegna Lievito - Nuove Esplorazioni nel Mondo delle Arti e dei Saperi) in cui il linguaggio della realtà, raccontato all’epoca attraverso la televisione, ritorna al pubblico grazie al teatro e la parola asciutta ritrova la sua straniante potenza comunicativa, la sua emozione, la sua urgenza".
Fino al 26 aprile 1979, quando il secondo canale Rai mandò in onda la sintesi del processo, la parola «stupro» non esisteva. Fu il difensore di parte civile, l’avvocato Tina Lagostena Bassi a introdurla e ad imporla alle coscienze, in luogo del più generico termine di «violenza sessuale» all’epoca rubricato come reato contro la morale.

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