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A cura di ANDREA CURTI

giovedì 18 gennaio 2018

TEATRO - Per Eliseo Cultura il 23 gennaio e il 6 febbraio prossimi: Wagner e "L’anello dei Nibelunghi".

Titolare della cattedra di Estetica alla Facoltà di Filosofia dell’Università La Sapienza di Roma, allievo prediletto di Emilio Garroni, Giuseppe Di Giacomo è uno dei maggiori interpreti del Novecento, capace di spaziare dall’arte al teatro, dalla filosofia alla musica. Punto di riferimento per gli incontri dedicati all’arte, vista come spunto per affrontare il mondo culturale nel suo complesso, Di Giacomo quest’anno affronterà il 23 gennaio e il 6 febbraio al Piccolo Eliseo di Via Nazionale in Roma (ore 17, ingresso libero fino ad esaurimento posti) un percorso musicale su Wagner avvalendosi della collaborazione del direttore d’orchestra Aurelio Canonici, del docente di Musicologia e Storia della Musica Antonio Rostagno, del docente di Estetica Salvatore Tedesco, del presidente della Società Italiana d'Estetica Elio Franzini e del critico e musicologo Quirino Principe. L’anello dei Nibelunghi meglio conosciuto come Tetralogia di Richard Wagner, è un insieme di quattro drammi musicali. Wagner impiegò un quarto di secolo per realizzare quest’opera, tra il 1848 ed il 1874, un periodo così lungo da determinare influenze culturali e differenze di stile talmente evidenti da palesarsi nel quadro complessivo della tetralogia. Si tratta una enorme veduta artistica dell’iniziare e del finire del mondo, un toccante squarcio sulla rovina di una umanità. Wagner assegna alla Tetralogia, opera monumentale straordinariamente complessa, un significato storico universale: il ritorno a un passato mitico gli appare come l’anticipazione di un futuro utopico. Fin dall’inizio dell’Anello, gli dèi sono dèi in declino. Alla fine il mondo degli dèi, rappresentato dal Walhalla, crolla, ma gli uomini sopravvivono alla catastrofe e in loro l’emozione suscitata dal declino di un mondo antico è, nello stesso tempo, la presa di coscienza della nascita di un mondo nuovo. Questo significa che, dopo gli dèi, sopraggiunge l’umanità, l’umanità in generale che - priva di ogni certezza trascendente - deve prepararsi a prendere nelle sue mani il proprio destino.  

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