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A cura di ANDREA CURTI

mercoledì 3 dicembre 2014

TEATRO - Al Palladium di Roma dall'11 al 14 dicembre: "Made in Jail", festival della cultura in carcere.

Il carcere come luogo di produzione di cultura: in carcere si fa e si produce teatro, si scrivono libri, si imparano mestieri, si diventa, tra l’altro, attori, musicisti e artisti. La cultura è fattore di coesione sociale, di educazione e ri-educazione, ma anche e soprattutto, nel caso delle discipline artistiche più praticate nelle carceri, ponte verso l’esterno. Con questa consapevolezza nasce il Festival “Made in Jail”, che andrà in scena al Palladium di Roma in Piazza Bartolomeo Romano 8 (ingresso gratuito) dall'11 al 14 dicembre prossimi, al fine di contribuire a rendere visibili le importanti realtà culturali di alcuni istituti penitenziari della Regione Lazio.
Il festival, promosso dal Dipartimento di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo dell’Università degli Studi Roma Tre, patrocinato da Roma Capitale, è realizzato con il contributo della Regione Lazio e dell’Ufficio del Garante dei diritti dei detenuti del Lazio. Il festival è diretto da Valentina Venturini, docente di Storia del Teatro presso l’Università Roma Tre.
“Made in Jail”, festival dedicato a teatro e cultura in carcere, organizzato dal Dipartimento di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo, Università degli Studi Roma Tre, si inserisce nell’ambito della terza missione dell’università, un concetto legato alla polis, alla necessità che la gente si incontri sulle tematiche sociali.
Protagonista di questa prima edizione al Teatro Palladium dall’11 al 14 dicembre, è l’arte nelle tante sfaccettature, il teatro certo, ma anche il cinema, la musica, le arti pittoriche, la letteratura. Saranno infatti proposti spettacoli teatrali, libri, video e musica rigorosamente “made in jail”, prodotti culturali realizzati appositamente per questa occasione in vari istituti penitenziari del Lazio.
«È una vera e propria necessità dell’Università aprirsi al sociale e a tutte quelle forme che concorrono ad una formazione culturale e scientifica», spiega Valentina Venturini, docente di Storia del Teatro presso l’Università Roma Tre e direttrice artistica della manifestazione. E aggiunge: «Nel Lazio ci sono quindici istituti penitenziari e in ognuno di questi si fa stabilmente teatro. Un teatro che, in molti casi, prima di essere “parte del progetto trattamentale” è, e vuole essere, teatro tout-court, un’isola galleggiante che non cambia il mondo ma cambia chi la fa. Questa è la prima edizione di un festival che nasce come rassegna delle varie culture praticate nelle carceri del Lazio, portando all’esterno esperienze che fino ad oggi (solo di rado) è stato possibile vedere fuori dai penitenziari».
Molte sono le realtà culturali e in particolare teatrali degli istituti penitenziari italiani: MADE IN JAIL vuole semplicemente mettere sotto i riflettori quelle del Lazio, poco conosciute che possono sembrare minori e che sono, invece, di grande valore (non solo sociale). Tra queste (alcune più conosciute, altre meno): Adynaton, ArteStudio, Associazione Made in Jail, Associazione PerAnanke, Compagnia Sangue Giusto, Compagnia Stabile Assai, King Kong Teatro, La Ribalta-Centro Studi Enrico Maria Salerno, Muses, Presi per caso, Rodez, Teatro degli Incerti.
Secondo Mario Panizza, Rettore dell’Università degli Studi Roma Tre: «la terza missione deve prevedere opportuni strumenti che favoriscano le relazioni con i soggetti esterni; sviluppare reti di collaborazione con soggetti esterni di ogni tipo, aziende, associazioni professionali, istituzioni ed enti pubblici, promuovendo attività su ciascuno dei fronti. Deve essere intesa come capacità di diffondere determinate conoscenze sul territorio».
Il festival “Made in Jail” nasce con l’obiettivo di contribuire a rendere visibile il ponte tra l’esterno e le varie realtà culturali in carcere. L’arte può davvero rendere liberi, e manifestazioni come queste possono rendere visibili anche realtà “chiuse” – come quella formata dai detenuti e dalle detenute di alta sicurezza che non possono portare la loro arte “fuori” – restituendole alla cultura e al pubblico “esterno” attraverso gli audiovisivi. È il caso del video sui dieci anni della compagnia del Teatro Libero di Rebibbia, dei cortometraggi in cui sono protagonisti i minori reclusi a Casal del Marmo, o, ancora, del corto realizzato Prove chiuse realizzato attraverso il montaggio di Frammenti del laboratorio teatrale AdDentro dallo spettacolo La favola del figlio cambiato (Compagnia Sangue Giusto e detenute della Casa Circondariale di Civitavecchia).
Un esempio famoso è quello di Salvatore Striano, ex detenuto reso popolare dall’interpretazione al cinema di Gomorra e Cesare non deve morire, che ha scoperto il suo talento per la recitazione proprio nel laboratorio della Ribalta diretto da Fabio Cavalli a Rebibbia.
Un altro caso che ha riscosso grande successo è quello dei Presi per caso, la Rock band di detenuti, ex detenuti e non detenuti del penitenziario di Rebibbia che, nel concerto di chiusura del Festival lanceranno il nuovo progetto discografico Fuori! ed eseguiranno alcuni dei loro classici, brani ironici ed amari sulla condizione carceraria.
Il carcere come luogo di produzione di cultura sarà anche argomento di tavole rotonde come ‘Dentro. Libri dal carcere’ (la presentazione del libro Pensieri dal carcere di Pierre Clémenti – attore amato da Buñuel, Pasolini, Glauber Rocha, Bertolucci, Jancsó e João César Monteiro – avverrà alla presenza del figlio, invitato per l’occasione dalla Francia), ‘Teatri in carcere nel Lazio’ o ‘Cultura e recidiva’. Riflessioni proposte da addetti ai lavori, aperte al confronto con il pubblico. Per suscitare spunti e riflessioni ulteriori, contribuendo a rendere più solido il ponte tra il carcere e la società libera.

 

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