Il carcere
come luogo di produzione di cultura: in carcere si fa e si produce teatro, si
scrivono libri, si imparano mestieri, si diventa, tra l’altro, attori,
musicisti e artisti. La cultura è fattore di coesione sociale, di educazione e
ri-educazione, ma anche e soprattutto, nel caso delle discipline artistiche più
praticate nelle carceri, ponte verso l’esterno. Con questa consapevolezza nasce
il Festival “Made in Jail”, che andrà in scena al Palladium di Roma in Piazza Bartolomeo Romano 8 (ingresso gratuito) dall'11 al 14 dicembre prossimi, al fine di contribuire a rendere visibili le importanti realtà culturali di alcuni
istituti penitenziari della Regione Lazio.
Il festival, promosso dal Dipartimento di Filosofia,
Comunicazione e Spettacolo dell’Università degli Studi Roma Tre, patrocinato da
Roma Capitale, è realizzato con il contributo della Regione Lazio e
dell’Ufficio del Garante dei diritti dei detenuti del Lazio. Il festival è
diretto da Valentina Venturini, docente di Storia del Teatro presso
l’Università Roma Tre.
“Made
in Jail”, festival dedicato a teatro e cultura in carcere, organizzato dal Dipartimento
di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo, Università degli Studi Roma Tre, si inserisce nell’ambito della terza
missione dell’università, un concetto legato alla polis, alla necessità che la
gente si incontri sulle tematiche sociali.
Protagonista
di questa prima edizione al Teatro Palladium dall’11 al 14 dicembre, è l’arte nelle tante
sfaccettature, il teatro certo, ma anche il cinema, la musica, le arti
pittoriche, la letteratura. Saranno infatti proposti spettacoli teatrali,
libri, video e musica rigorosamente “made in jail”, prodotti culturali
realizzati appositamente per questa occasione in vari istituti penitenziari del
Lazio.
«È una
vera e propria necessità dell’Università aprirsi al sociale e a tutte quelle
forme che concorrono ad una formazione culturale e scientifica», spiega Valentina Venturini, docente di Storia del Teatro
presso l’Università Roma Tre e direttrice artistica della manifestazione. E
aggiunge: «Nel Lazio
ci sono quindici istituti penitenziari e in ognuno di questi si fa stabilmente teatro.
Un teatro che, in molti casi, prima di essere “parte del progetto
trattamentale” è, e vuole essere, teatro tout-court,
un’isola galleggiante che non cambia
il mondo ma cambia chi la fa. Questa è la prima edizione di un festival che
nasce come rassegna delle varie culture praticate nelle carceri del Lazio,
portando all’esterno esperienze che fino ad oggi (solo di rado) è stato
possibile vedere fuori dai penitenziari».
Molte
sono le realtà culturali e in particolare teatrali degli istituti penitenziari
italiani: MADE IN JAIL vuole semplicemente mettere sotto i riflettori quelle
del Lazio, poco conosciute che possono sembrare minori e che sono, invece, di
grande valore (non solo sociale). Tra queste (alcune più conosciute, altre
meno): Adynaton, ArteStudio, Associazione Made in Jail, Associazione PerAnanke,
Compagnia Sangue Giusto, Compagnia Stabile Assai, King Kong Teatro, La
Ribalta-Centro Studi Enrico Maria Salerno, Muses, Presi per
caso, Rodez, Teatro
degli Incerti.
Secondo
Mario Panizza, Rettore dell’Università degli Studi Roma Tre: «la terza
missione deve prevedere opportuni strumenti che favoriscano le relazioni
con i soggetti esterni; sviluppare reti di collaborazione con
soggetti esterni di ogni tipo, aziende, associazioni professionali, istituzioni
ed enti pubblici, promuovendo attività su ciascuno dei fronti. Deve essere intesa come capacità di diffondere determinate conoscenze sul
territorio».
Il
festival “Made in Jail” nasce con l’obiettivo di contribuire a rendere visibile
il ponte tra l’esterno e le varie realtà culturali in carcere. L’arte può
davvero rendere liberi, e manifestazioni come queste possono rendere visibili anche
realtà “chiuse” – come quella formata dai detenuti e dalle detenute di alta
sicurezza che non possono portare la loro arte “fuori” – restituendole alla
cultura e al pubblico “esterno” attraverso gli audiovisivi. È il caso del video
sui dieci anni della compagnia del Teatro Libero di Rebibbia, dei cortometraggi
in cui sono protagonisti i minori reclusi a Casal del Marmo, o, ancora, del corto
realizzato Prove chiuse realizzato
attraverso il montaggio di Frammenti del
laboratorio teatrale AdDentro dallo spettacolo La favola del figlio cambiato (Compagnia Sangue Giusto e detenute
della Casa Circondariale di Civitavecchia).
Un
esempio famoso è quello di Salvatore Striano, ex detenuto reso popolare
dall’interpretazione al cinema di Gomorra
e Cesare non deve morire, che ha
scoperto il suo talento per la recitazione proprio nel laboratorio della
Ribalta diretto da Fabio Cavalli a Rebibbia.
Un altro caso che ha riscosso
grande successo è quello dei Presi per caso, la
Rock band di detenuti, ex detenuti e non detenuti del penitenziario di
Rebibbia che, nel concerto di chiusura del Festival lanceranno il nuovo
progetto discografico Fuori! ed
eseguiranno alcuni dei loro classici, brani ironici ed amari sulla condizione
carceraria.
Il
carcere come luogo di produzione di cultura sarà anche argomento di tavole
rotonde come ‘Dentro. Libri dal carcere’ (la presentazione del libro Pensieri dal carcere di Pierre Clémenti – attore amato da Buñuel, Pasolini,
Glauber Rocha, Bertolucci, Jancsó e João César Monteiro – avverrà alla presenza del figlio,
invitato per l’occasione dalla Francia), ‘Teatri in carcere nel Lazio’ o ‘Cultura e recidiva’.
Riflessioni proposte da addetti
ai lavori, aperte al confronto con il pubblico. Per suscitare spunti e
riflessioni ulteriori, contribuendo a rendere più solido il ponte tra il
carcere e la società libera.
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