È una delle richieste plebiscitarie che giunge dai
200mila partecipanti alla consultazione sulle linee guida di riforma: le
modalità e i contenuti di gestione dei corsi formativi degli insegnanti più
giovani dovranno essere scelti e gestiti dai colleghi più esperti.
La sintesi del Miur: l’interesse prevalente è quello di
“premiare chi forma altri”, assegnare “incentivi agli innovatori”, “avere
risorse certe”, gestire i corsi “a livello regionale, sfruttando reti di
scuole”, “proporre, a livello individuale, la detraibilità delle spese
dirette”.
Marcello Pacifico (Anief-Confedir): l’insegnamento
necessita non solo di competenze di base, ma anche di consigli e preziose
indicazioni, che può fornire solo chi è stato dietro la cattedra per 20-25 anni.
“Sono i docenti i migliori formatori degli altri docenti”: a
chiederlo a gran voce sono gli oltre 200mila partecipanti alla consultazione nazionale
sulle linee guida contenute nel documento “La Buona Scuola”. A rilevarlo è l’associazione
sindacale Anief, dopo aver esaminato i risultati contenuti nel documento governativo
pubblicato in questi giorni dal Ministero dell’Istruzione: nell’indicare le
modalità per migliorare l’offerta formativa delle nostre 8.400 scuole, gli
italiani hanno infatti indicato la “formazione esperienziale basata sulla
pratica” coordinata da chi più conosce la professione.
Tra i punti prevalenti
sulle nuove modalità di formazione dei docenti, sono state indicate le
necessità di “premiare chi forma altri”, di assegnare “incentivi agli
innovatori”, di “avere risorse certe”, gestire i corsi “a livello regionale,
sfruttando reti di scuole”, oltre che di “proporre, a livello individuale, la
detraibilità delle spese dirette”. Ma soprattutto, i partecipanti al sondaggio
nazionale - 207.000 partecipanti on line, 1.300.000 accessi al sito, 200.000
partecipanti ai dibattiti sul territorio, 5.000 e-mail ricevute, 40 tappe del
tour per presentare i contenuti del progetto - hanno spinto su un concetto: le
modalità e i contenuti di gestione dei corsi formativi dei docenti più giovani,
dovranno essere scelti e gestiti dai colleghi più esperti.
“Il nostro sindacato – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e
segretario organizzativo Confedir - ha da
tempo fornito pieno assenso alla costituzione di un nucleo, all’interno di ogni
scuola, di insegnanti esperti cui affidare la formazione di chi conosce meno la
professione: l’ideale sarebbe affidare questo delicato ruolo agli insegnanti
con oltre 20-25 anni di anzianità professionale. Svincolandoli, su base
volontaria, dalla didattica frontale per dedicarsi alla formazione dei giovani
insegnanti”.
La soluzione, da tempo
enunciata dall’Anief, sarebbe ottimale anche per rendere meno faticoso il
percorso lavorativo dei docenti vicini alla pensione oggi costretti a rimanere
in servizio anche 5-6 anni in più rispetto a poco tempo fa: un blocco, che
colpisce in particolare le donne e quindi la scuola, dove oltre l’80% del
personale è composto da donne, figlio del
bug nella riforma Fornero, nella cui stesura è stato “dimenticato” di
introdurre l’insegnamento tra le categorie ad alto logorio
professionale e a rischio burnout. E l’incredibile vicenda paradossale dei
‘Quota’
96 è solo la punta dell’iceberg. Nello stesso errore non sono caduti diversi
Paesi dell’Europa, dove si può andare in
pensione con l’assegno pieno, rispetto ai contributi versati, già a 55 anni.
“Non
interessa che questi docenti vengano denominati esperti o senior – continua il presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – ,
ciò che è conta è che si dia loro la possibilità di dedicarsi alla formazione
di chi ha vinto un concorso pubblico e necessita di essere formato. Perché
l’insegnamento necessita non solo di teorie, ma anche di consigli e preziose
indicazioni, che solamente chi ha svolto la professione dietro la cattedra per
tanti anni può fornire. Il loro apporto potrebbe essere di tipo tradizionale,
quindi frontale, ma anche concretizzato sotto forma di ‘tutores’, tradizionale
o telematici, coordinati direttamente dal Miur oppure da enti
formatori accreditati quale è lo stesso Anief che già organizza corsi
formativi ad hoc”.
Il giovane sindacato
chiede al Governo di seguire anche altre indicazioni provenienti dalla
consultazione nazionale svolta tra il 15 settembre e il 15 novembre 2014: dal
rendere obbligatoria la scuola dell'infanzia all’agevolare l'integrazione degli
alunni stranieri (quasi il 10% del totale degli iscritti) e quelli con disabilità
(quasi 300mila), fino ad adottare delle azioni a livello regionale per
contrastare la dispersione scolastica ancora troppo elevata (17,6 per cento,
con punte del 25 per cento, contro il 10% indicato dall’Unione europea).
Su merito e stipendi,
infine, Anief ribadisce che il 60% dei partecipanti alla consultazione sulle
linee guida di riforma della scuola ha chiesto di mantenere in vita gli scatti
di anzianità, anche introducendo il cosiddetto merito. E non si comprendono i
toni trionfalistici del Ministero dell’Istruzione, secondo cui “l’81% il merito
deve contribuire alla crescita stipendiale dei docenti”.
“Chi ha espresso la sua opinione sulla ‘Buona Scuola’ – ha detto ancora Pacifico – sa bene
che il merito dei docenti è una modalità percorribile, ma non a discapito degli
aumenti in busta paga legati al costo della vita. Del resto, i numeri parlano
da soli: abbiamo calcolato che per la sola mancata assegnazione delle indennità
di vacanza contrattuale, tra il 2006 e il 2018, alla luce della proroga di ‘sospensione’
prevista per i prossimi tre anni, lo Stato è diventato debitore di 9mila euro,
derivanti dalla mancata assegnazione agli insegnanti di 53 euro in media al
mese. Mantenere gli scatti di anzianità servirebbe anche a calmierare il
mancato rinnovo contrattuale. Chi parla di addio agli aumenti stipendiali
automatici - conclude il sindacalista
- è consapevole di tutto questo?”.
Nessun commento:
Posta un commento