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A cura di ANDREA CURTI

martedì 6 novembre 2018

TEATRO - Dal 15 novembre al Piccolo Eliseo in Roma: "Il giorno del mio compleanno", personaggi sull'orlo del baratro.

Da giovedì 15 novembre a domenica 2 dicembre 2018, al Piccolo Eliseo di Via Nazionale in Roma, è di scena “Il giorno del mio compleanno - So Here We Are” di Luke Norris per la regia di Silvio Peroni e con Giovanni Arezzo (Pic), Antonio Bandiera (Noce), Laurence Mazzoni (Puh), Federico Gariglio (Dany), Grazia Capraro (Chri) e Luca Terracciano (Franky).
Vincitore del Premio Bruntwood 2013, l'opera del trentaduenne Luke Norris So Here We Are (in italiano si è scelto di tradurlo non letteralmente in "Il giorno del mio compleanno") è una storia su ciò che può accadere quando non succede niente, uno sguardo compassionevole sulle giovani vite interrotte e un toccante ritratto di amicizie infantili che faticano ad accettare la loro vita adulta.
Un cast di sei giovani attori interpretano altrettanti personaggi sull'orlo del baratro per il resto della loro vita. Un testo divertente sul dolore, sui legami di amicizia, sul coraggio di andare avanti e sulla paura di crescere. Frankie, l'ultimo membro di una giovane squadra di calcio a 5, è morto. Dopo il suo funerale gli amici di sempre, si radunano su un muraglione vicino ad un luna park abbandonato, lamentando la morte del loro comune amico. Si tratta di un dialogo a quattro dove l'umorismo padroneggia su una circostanza molto triste: si parla su chi abbia scritto Peter Pan (Walt Disney o un certo Barrie?), vengono presi in giro l'amico gay e l'altro obeso.
L'intero primo atto è una lunga esorcizzazione del tragico evento: una morte che mette i quattro ragazzi di fronte ai problemi “del futuro”. Tre di loro condividono storie irrilevanti e giocano in modo infantile, mentre un quarto rimane lontano, isolato dal gruppo. Tutti aspettano Chri, l'ormai ex fidanzata di Frankie che ha chiesto agli amici di riunirsi in quel posto per compiere un ultimo in gesto in memoria del ragazzo. E l'arrivo di Chri, fa emergere rivelazioni il cui significato verrà chiarito solo quando la storia tornerà alla notte in cui Frankie è morto.
Nel secondo atto c'è un lungo flash back, dove si racconta l'ultima giornata di vita di Franky. Veniamo a conoscenza della sua depressione e del suo rapporto con Chri ormai a un bivio: è il suo compleanno e, oltre a una cena romantica con la fidanzata che probabilmente sposerà, visita ognuno dei suoi vecchi amici, uno per uno. Si tratta di otto veloci dialoghi a due tra Franky e ognuno dei suoi amici fino ad arrivare alla vera spiegazione della sua morte nel tragico finale. Spiega il regista Silvio Peroni: “E’ una generazione intrappolata. Quattro ragazzi vestiti tutti di nero dopo un funerale, come fossero già appesantiti dalla perdita, in particolare la libertà dell'infanzia.  È uno scenario di provincia quello raccontato, con orizzonti limitati e vite allineate, dove il calcio ha un ruolo socializzante nella vita degli esseri umani e assume la qualità “universale” di grande livellatore di cultura e classe sociale. Crescere in provincia (parlo di quella del nord, dove sono nato) sviluppa una mentalità molto diversa da chi cresce in una grande città. Crescere da quelle parti, ti fa diventare un tipo di persona diversa, estremamente capace di provare amore, dolore, ambizione, rabbia e tutto il resto come gli altri, ma in un modo particolare, in quel modo che non deve mai trasparire troppo; è una società che produce una sorta di "tribalismo" che non riuscirai mai a toglierti di dosso. In provincia sei sovraesposto o ghettizzato il tuo volto ha un nome preciso e tu hai un ruolo, sei il simpatico, il violento, quello apposto, l’omosessuale. Non puoi permetterti di lasciare trasparire anche le emozioni. Ma ciò che accade là non è detto che non possa accadere anche qua”. Chiosa il regista: “Il testo cattura il paradosso della vicinanza di un gruppo di ragazzi che si conoscono da quando erano bambini, ma che adesso si trovano in qualche modo estranei come dei giovani adulti, costretti a scontrarsi con la mortalità dopo la morte di un amico, ed è qualcosa che nessuno si aspetterebbe di dover affrontare così giovane e di cui nessuno è equipaggiato emotivamente per affrontarlo”. 

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